Durante
la discussione dell’interrogazione relativa allo scarico delle terre
provenienti dai cantieri di Pedemontana presentata da Progetto Per Uboldo –
CentroSinistraUnito è intervenuto l’assessore Galli che, in merito al timore da
noi manifestato che la terra destinata alla “Minicava” potesse provenire da
zone interessate dall’inquinamento da diossina, affermava “La seconda cosa, secondo me
fondamentale, è che la preoccupazione che è uscita rispetto alla diossina
Icmesa tutte queste cose qua, io dico dopo 27 anni, 28 anni” (in realtà
gli anni sono quasi 39 n.d.r.) “io
penso e spero che i paesi dove c’è stato questo grave danno ecologico, si siano
attrezzati per fare delle bonifiche, spero, cioè tutti noi ci pensiamo,
speriamo. Tra l’altro se le falde acquifere di quei paesi lì non sono
contaminate come risulta, come risulta agli atti […]”.
Progetto Per Uboldo – CentroSinistraUnito è ovviamente soddisfatto di sapere che le terre destinate alla “Minicava” non presentino problemi di inquinamento, tuttavia non possiamo non segnalare la leggerezza con cui l'assessore è intervenuto nella discussione banalizzando un problema come quello della diossina, che ha colpito il circondario di Seveso nel 1976, tanto da pensare che oggi i problemi si siano risolti.
A
dimostrazione che le preoccupazioni di Progetto Per Uboldo –
CentroSinistraUnito, manifestate con la propria interrogazione, non erano
idiozie e che era doveroso richiedere chiarimenti e rassicurazioni in merito, riportiamo,
di seguito, l’articolo del luglio 2013 tratto dal sito di Legambiente Lombardia
intitolato “Seveso: 37 anni dopo, la Pedemontana disseppellisce la diossina”.
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Seveso: 37 anni dopo, la Pedemontana
disseppellisce la diossina
Non c’è pace
per i comuni brianzoli che nel 1976 furono investiti dal più grave disastro
chimico della storia recente: in arrivo un nuovo disastro, e oggi come allora
per la Regione non c’è nessun problema
Quella del
10 luglio 1976 è una data scolpita nella memoria degli abitanti di cinque
popolose cittadine brianzole (Bovisio Masciago, Cesano Maderno, Desio, Meda e
Seveso: una conurbazione che conta quasi 150.000 abitanti, quanto la terza
città della Lombardia) che, dalle 12.37 di quel giorno, furono investite dalla
nube tossica prodotta dal surriscaldamento di un reattore per la produzione di
triclorofenolo della ditta ICMESA di Meda, una controllata del gruppo
Hoffmann-La Roche di Basilea. A causa di quel surriscaldamento la reazione
chimica sfuggì di controllo e produsse una quantità tutt’ora imprecisata di
TCDD, la più tossica delle diossine.
Se ancora
oggi non sappiamo con esattezza la quantità di sostanza tossica che fu
riversata su case e campi, quello che invece è certo è che quella diossina non
si è spostata da lì: a ribadirlo sono le analisi preliminari dei terreni
effettuate dalla società autostradale Pedemontana nel 2008, che confermando
esiti analoghi ottenuti da analisi condotte dall'agenzia per la protezione
dell'ambiente fra il 1997 e il 1999, certificano concentrazioni di TCDD
superiori alle soglie critiche tollerate nei terreni di quelle che nel 1976
furono dichiarate “zona B” e “aree di rispetto” (la zona A, nei comuni di
Seveso e Meda immediatamente sottovento al reattore, è l'unica ad essere stata
bonificata e oggi vi crescono gli alberi del parco naturale “Bosco delle
Querce”). Le analisi dei terreni sono state effettuate per una ragione ben
precisa: nel cuore della grande area inquinata presto dovrebbero partire a
breve i cantieri della più gigantesca autostradale prevista in Lombardia, la
Pedemontana. E la speranza che la diossina, dopo un così lungo periodo, fosse
scomparsa, decomposta o dissolta, è stata duramente smentita dai risultati di
quelle analisi. Ancora oggi il suolo di quel territorio risulta gravemente
contaminato, e l’unica ragione per cui fino ad oggi non si è riproposta
un’emergenza sanitaria è per il fatto che le molecole tossiche sono
intrappolate negli strati superiori del terreno.
Ma che ne
sarà della diossina nel momento in cui dovessero partire i cantieri di
Pedemontana, che prevedono enormi sbancamenti di terreno per realizzare 8
corsie autostradali, giganteschi svincoli e stazioni di servizio proprio lungo
il tracciato del fall-out della nube tossica? Semplice, quella diossina si
solleverà per aria insieme alle polveri dei cantieri, tornando a essere un
problema sanitario, in primo luogo per le maestranze impiegate nei cantieri e
per i residenti dei quartieri vicini. Un grosso problema con cui però Regione
Lombardia non ha molta voglia di confrontarsi: nei giorni scorsi infatti una
mozione urgente presentata in Consiglio Regionale, circa la necessità di
condurre un piano di caratterizzazione finalizzato alla bonifica delle aree
interessate dal progetto autostradale, è stata respinta al mittente. Secondo
Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio Regionale ma fino a pochi mesi fa
assessore con delega ai trasporti e quindi principale promotore del progetto di
Pedemontana, non c’è infatti nessuna urgenza di approfondire questi aspetti,
per un’opera che ha problemi enormi anche sul versante della sostenibilità
finanziaria, dal momento che il suo costo, vicino ai 5 miliardi di euro, ben
difficilmente sarà coperto dai proventi della tariffa.
“La storia
si ripete: nel 1976 i cittadini furono avvisati della gravità del pericolo solo
otto giorni dopo l'incidente del gravissimo inquinamento a cui erano
sottoposti, quando ormai le polveri tossiche si erano deposte al suolo -
ricorda Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, che
all'epoca viveva nel cuore della zona inquinata - Fu così impossibile
mettere in atto ogni possibile misura di prevenzione per evitare gli oltre 200
casi di cloracne, oltre al rischio di malformazioni fetali e di tumori negli
adulti oggi descritti dagli studi retrospettivi. Nel 2013 invece si arriva a
negare, contro ogni evidenza, l'urgenza di caratterizzare i suoli e di
verificare il progetto di Pedemontana prima che la parola passi alle ruspe del
più grande cantiere della Lombardia. Un comportamento di gravissima irresponsabilità
istituzionale, contro il quale chiediamo ai sindaci di mantenere un
atteggiamento di fermezza per la tutela della salute, per evitare di dover
sottoporre gli abitanti ad una nuova emergenza sanitaria”.
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