Anche quest'anno,
l'incontro con le rappresentanze delle associazioni partigiane,
combattentistiche e d'Arma, e insieme della Confederazione italiana tra le
associazioni combattentistiche e partigiane, costituisce la cornice più degna e
significativa per la celebrazione del 25 aprile, festa della Liberazione. Per
una celebrazione che veda uniti, nella persona del Capo dello Stato le massime
istituzioni della Repubblica, e in tutti voi quel mondo associativo che
racchiude in sé l'universo dei valori storici del patriottismo, della lealtà
verso la nazione e della combattiva difesa dei suoi interessi, della sua
dignità, della sua sicurezza.
Nel celebrare, nel 2010 e
2011, il Centocinquantenario dell'Unità d'Italia, abbiamo potuto verificare,
con profonda soddisfazione, come sia rimasta viva e operante quella riscoperta
del senso della patria che, dopo la rovina del nazionalismo fascista, fu un
frutto prezioso della Resistenza, in un rinnovato legame con la tradizione del
Risorgimento. Un senso della patria che venne riscoperto in uno col valore
della libertà, divenendo sostrato essenziale della costruzione - a partire dal
25 aprile 1945 - della nuova Italia democratica, repubblicana, costituzionale.
La Resistenza, l'impegno
per riconquistare all'Italia libertà e indipendenza, fu nel suo insieme un
grande moto civile e ideale, cui parteciparono in vario modo le popolazioni
delle regioni occupate dalle forze della Germania nazista. Ma fu innanzitutto -
non sembri superfluo sottolinearlo - popolo in armi, mobilitazione coraggiosa
di cittadini, giovani e giovanissimi, che si ribellavano all'oppressione
straniera, di italiani che uscivano dalle dure vicende della guerra fascista e
riprendevano le armi per la causa della liberazione dell'Italia e dell'Europa
dal totalitarismo e dal dominio tedesco. E non mancò l'apporto delle donne che
nel '44 si costituirono nelle regioni del Nord in "Gruppi di difesa delle
donne".
Lo stesso fondamentale obbiettivo di un futuro di pace esigeva una mobilitazione armata, che si avvalesse delle nostre migliori tradizioni militari. Non c'era spazio per un'aspirazione inerme alla pace ; l'alternativa era tra un'equivoca passività e una scelta combattente. Fu quest'ultima che risultò decisiva per restituire dignità nazionale all'Italia. Esitazioni e ambiguità furono spazzate via con la dichiarazione di guerra alla Germania, il 13 ottobre 1943, da parte del nuovo governo italiano ; e il conseguente riconoscimento del pur anomalo status di paese cobelligerante, di fatto partecipe dell'alleanza antifascista, consentì all'Italia di prendere il suo posto nel futuro dell'Europa e dell'intero mondo democratico.
Lo stesso fondamentale obbiettivo di un futuro di pace esigeva una mobilitazione armata, che si avvalesse delle nostre migliori tradizioni militari. Non c'era spazio per un'aspirazione inerme alla pace ; l'alternativa era tra un'equivoca passività e una scelta combattente. Fu quest'ultima che risultò decisiva per restituire dignità nazionale all'Italia. Esitazioni e ambiguità furono spazzate via con la dichiarazione di guerra alla Germania, il 13 ottobre 1943, da parte del nuovo governo italiano ; e il conseguente riconoscimento del pur anomalo status di paese cobelligerante, di fatto partecipe dell'alleanza antifascista, consentì all'Italia di prendere il suo posto nel futuro dell'Europa e dell'intero mondo democratico.
Il 6 giugno prossimo avrò
l'onore di rappresentare l'Italia - su invito del Presidente della Repubblica
francese - alle solenni celebrazioni in Normandia del settantesimo anniversario
del grandioso e decisivo sbarco alleato. E vi parteciperò in nome di un popolo
che aveva rotto nel 1943 con il fascismo e con l'asservimento alla Germania
hitleriana, e in nome delle nostre nuove forze armate nazionali che allora già
combattevano in Italia insieme con le forze anglo-americane. Due giorni prima
dello sbarco in Normandia, il 4 giugno del 1944, le forze alleate entrarono in
Roma come liberatrici anche grazie all'eroico contributo della Resistenza
romana.
Sono, questi, dei decisivi
momenti che vanno sempre ricordati insieme a tanti altri che segnarono il
cruciale periodo tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. Momenti di
umiliazione dapprima e quindi di riscossa ; momenti di lotta vittoriosa e di
terribile sacrificio. Il sacrificio, sopra ogni altro, di quanti pagarono il
prezzo di feroci e vili ritorsioni : saluto i molti nostri ospiti che
rappresentano oggi qui tante tappe di quel duro e doloroso cammino. Saluto in
primo luogo - perché meritano una riparazione per l'aver lasciato, tutti noi,
troppo a lungo in ombra quella dolorosissima esperienza - i famigliari dei 103
ufficiali del decimo Reggimento "Regina", che nell'isola greca di Kos
nell'ottobre del 1943 furono sommariamente processati e barbaramente trucidati
per non essersi piegati alle pretese germaniche di sopraffazione e alle minacce
di brutale ritorsione. La grande maggioranza di essi aveva meno di 30 anni. Al
loro consapevole e coraggioso comportamento deve andare oggi il nostro omaggio,
additandolo come esempio di fedeltà a valori essenziali di coerenza, fierezza e
amor di patria. E insieme auspico che le spoglie dei trentasette ufficiali che
ancora giacciono in luogo ignoto dell'isola possano presto trovare una degna e
onorevole sepoltura, confortata dalla riconoscenza e dalla pietà di noi tutti.
Saluto nello stesso
spirito tutti i Sindaci e rappresentanti delle città-martiri delle orrende
indiscriminate reazioni di rabbia sanguinaria da parte delle forze di
occupazione contro gli italiani che davano prova di fierezza e di amore per la
libertà. Parlo delle stragi naziste, dalle più note a tutte le altre, di cui
voi, cari invitati, portate testimonianza. D'altronde ho io stesso ripercorso
nelle scorse settimane alcuni di quei luoghi e rivissuto alcune di quelle
vicende di violenza e di distruzione: da Cassino e Montecassino alle Fosse
Ardeatine, vero e proprio sacrario delle vittime di un bestiale antisemitismo.
In questo giorno il mio
pensiero va anche alle prove dolorose che seppero affrontare con grande
coraggio e spirito di fedeltà alla Nazione i numerosissimi militari italiani
che vennero internati in Germania e che non cedettero ad alcuna lusinga, ma
scrissero la loro pagine nella storia della Resistenza.
Ma è giusto, a proposito
di stragi e massacri nazisti, citare le alte espressioni di omaggio, in chiave
non solo di riflessione autocritica ma di nobile manifestazione di un senso di
colpa collettivo che sono venute anni fa e ancora di recente da rappresentanti
di grande autorità istituzionale e morale della Repubblica federale tedesca :
da ultimo, la visita ispirata e commovente a Sant'Anna di Stazzema e l'incontro
con la gente del Presidente Gauck, l'abbraccio con cui noi Capi di Stato di due
paesi che poi hanno dato molto alla costruzione di un'Europa unita, ci
riconoscemmo in valori comuni di libertà e solidarietà.
Purtroppo l'Europa e le
sue istituzioni hanno dovuto negli ultimi anni affrontare una crisi
finanziaria, economica e sociale da cui ancora faticano a uscire, e una
conseguente crisi di fiducia che mette a rischio il lungimirante processo di
integrazione avviato all'indomani della seconda guerra mondiale. E invece di un
ulteriore sviluppo del processo d'integrazione, anche in senso politico,
abbiamo più che mai bisogno per parlare da Europei con una voce sola, per far
pesare nei nuovi equilibri globali quelle tradizioni e quelle potenzialità che
possiamo ormai esprimere solo unendo i nostri sforzi.
Unendo le nostre forze
anche nel campo della difesa e della sicurezza, dinanzi ai molteplici focolai
di tensione e di conflitto che si sono venuti accendendo non lontano dai
confini dell'Unione Europea. L'Italia e l'Europa sono chiamate a concorrere al
superamento di qualsiasi contrapposizione - specialmente, oggi, nell'area del
partenariato orientale coltivato dalle istituzioni dell'Unione - ricorrendo a
tutte le risorse della diplomazia, attraverso negoziati da condurre con
realismo e moderazione. Ma certo non possiamo sottovalutare la necessità di
essere in grado di dare un concreto apporto, dove sia necessario - come già lo
è stato in varii teatri di crisi - sul piano militare.
Nessuna delle missioni
europee e internazionali che sono risultate efficaci - dal Kossovo al Libano -
per produrre effetti di stabilizzazione e di salvaguardia della pace, sarebbe
stata possibile senza il supporto delle Forze Armate dei nostri paesi.
Dobbiamo dunque procedere
nella piena, consapevole valorizzazione delle Forze Armate che continuano a
fare onore all'Italia. E desidero non far mancare una parola per come fanno
onore all'Italia i nostri due Marò a lungo ingiustamente trattenuti lontano
dalle loro famiglie e dalla loro Patria. Dobbiamo procedere in un serio impegno
di rinnovamento e di riforma dello strumento militare, razionalizzando le nostre
strutture e i nostri mezzi, come si è iniziato a fare con la legge in corso di
attuazione, e sollecitando il massimo avanzamento di processi di integrazione
al livello europeo. Potremo così soddisfare esigenze di rigore e di crescente
produttività nella spesa per la Difesa, senza indulgere a decisioni sommarie
che possono riflettere incomprensioni di fondo e perfino anacronistiche
diffidenze verso lo strumento militare, vecchie e nuove pulsioni demagogiche
antimilitariste.
In questo impegno, e nella riflessione che lo sostiene, attingiamo certamente alla lezione e all'esempio della Resistenza, dando anche questo senso profondamente attuale all'odierna celebrazione del 25 aprile.
In questo impegno, e nella riflessione che lo sostiene, attingiamo certamente alla lezione e all'esempio della Resistenza, dando anche questo senso profondamente attuale all'odierna celebrazione del 25 aprile.
Palazzo del
Quirinale, 25/04/2014
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